Massimo Bellina: “Vinitaly importante, ma puntiamo su altro”

Massimo Bellina

Massimo Bellina

Tra gli assenti, al Vinitaly, ci sono anche alcuni produttori storici, come la Pellegrino, che, come spiega il suo export manager Massimo Bellina, già da tre anni preferisce non andare a Verona per puntare su altri fronti.

Quali sono le motivazioni alla base di questa scelta?

E’ una manifestazione importante, non intendiamo snobbarla. Ma ci siamo resi conto che per noi costituiva un investimento eccessivo rispetto al ritorno che potevamo averne. Anche perché, io e i miei collaboratori, ormai viaggiamo tutto l’anno e incontriamo direttamente i nostri clienti. In questo modo, destiniamo ad altro le somme che utilizzavamo per partecipare al Vinitaly.

Che momento sta vivendo questo settore in Sicilia?

La Sicilia rappresenta una punta di diamante nella produzione del vino, con alcune realtà che hanno raggiunto livelli di qualità indiscutibile. A darci più soddisfazioni, in questa fase, è sicuramente il mercato delle esportazioni, perché quello nazionale, purtroppo, è in calo. E proprio alla luce di ciò, tanti produttori stanno concentrando i loro sforzi e le loro attenzioni verso il Sud Est Asiatico e il Nord America.

Mercati che un tempo non venivano assolutamente presi in considerazione. Fino a qualche anno il Sud Esta asiatico era considerato marginale. Oggi in quelle zone la cultura del vino è cresciuta molto. Soprattutto in Giappone, ma anche in Thailandia e in Corea.  E poi c’è la Cina, che per molti è una sorta di Eldorado, ma che va presa con le pinze, perché può riservare anche molte delusioni.

Quando parliamo del settore vinicolo, si ragiona spesso del rapporto tra pubblico e privato. A volte si è detto che il pubblico è troppo presente, a volte che interviene troppo. Dove sta il giusto equilibrio?

In passato il pubblico ha dato un grande supporto, consentendo l’affermazione delle aziende all’estero. Il pubblico, però, ragiona in maniera diversa dal privato. E, com’è noto, ci sono stati nel tempo diversi sperperi. Perché spesso il pubblico tende a ragionare senza coinvogere gli operatori del settore, adottando scelte che non vanno nella giusta direzione. Bisognerebbe sedersi intorno a un tavolo e capire assieme cosa fare e come spendere al meglio i pochi fondi che vengono messi a disposizione. Ricordando che il privato deve sempre avere voce in capitolo nelle scelte che vengono fatte.

E, al momento, questa disponibilità al confronto c’è?

Al momento c’è un profondo scollamento, causato spesso da un’arroganza, da parte del pubblico, che non è possibile accettare. Proprio per questo noi della Pellegrino abbiamo preferito non partecipare ad alcune iniziative, non ritenendole utili alla crescita del settore.

Il pensiero va allo scorso anno, quando Marsala fu proclamata Capitale europea del vino 2013. Dal suo punto di vista è un’occasione che siamo riusciti a cogliere o l’ennesima occasione perduta?

Per me non è stata affatto un’occasione. E’ stata un’onorificienza, conferita da alcuni sindaci, che non esiste nella mente del consumatore. Io ne ho sentito parlare solo quando hanno assegnato questo riconoscimento a Marsala. Non c’è riflesso diretto a livello di consumi o di turismo. E se l’anno scorso è cresciuto il turismo, lo si deve all’aeroporto.  Marsala, così come Jerez, è già famosa per il suo vino. E questo è già una fonte d’attrazione notevole per chi si avvicina a questa città. Non era necessaria quest’onorificienza assegnata da quattro sindaci seduti intorno a un tavolo.

E’ pur vero che con la scusa del Recevin, lo scorso anno, sono state organizzate iniziative che hanno creato interesse intorno a Marsala.

Sì, ma c’entravano poco col vino. Si sono organizzati eventi che non nascevano da una conoscenza dei mercati e che non hanno avuto alcun riflesso pratico sulla notorietà del brand della città. Sono stati eventi effimeri, dimenticati il giorno dopo la loro realizzazione.