Le parole di fuoco

Parlano sui social e in Tv i nostri politici. Quelli governativi pronti a soffermarsi sul Paese che per loro è avviato verso la crescita. Gli altri, quelli dell’opposizione, rispondono che non è vero, che si tratta di falsità. E la gente? La gente lotta come può contro il “quotidiano”. Si arrabatta e si arrabbia, oppure si arrende, getta la spugna e qualche volta, vinta dallo scoramento… E’ quello che deve avere pensato il nostro concittadino che ieri mattina ha tentato di farla finita. Ha scelto la “location” che ha ritenuto più opportuna: la massima sede delle istituzioni locali: il palazzo del Municipio. Una volta giunto al suo interno ha individuato il luogo simbolo del “potere”. La stanza del sindaco. Noi vi raccontiamo tutto in cronaca. In queste nostre note vogliamo soffermarci su di un aspetto che da mesi andiamo notando. Forse, nel tentativo di dare uno stupido sostegno dell’azione di governo e per la serie “non disturbate il manovratore”, episodi come quello che è accaduto ieri nella nostra città, sembrano essere scomparsi dalla cronaca del Paese. Prima imprenditori falliti si toglievano la vita e come loro i lavoratori rimasti disoccupati. Su casi come questi i tg ci aprivano le loro edizioni, dando il massimo risalto. I talk show in maniera macabra, intervistavano le famiglie. Ora non più. Tanto il Paese è avviato verso la ripresa. Ma questi gesti urlano, anche quando sembra che nessuno li senta. I migranti annegano nel tentativo di salvarsi dalla guerra e dalla miseria, la disperazione arriva nei ceti sociali che una volta non la conoscevano. E tutti girano le telecamere da un’ altra parte. Poi qualcuno, sconfitto, deluso o disperato, trova la soluzione estrema. Questa volta a Marsala è finita bene, l’uomo non è morto. Si può riprendere la vita normale. In attesa della prossima tragedia. Nella speranza che non ci riguardi. Nella quasi indifferenza dei media. Ci penseranno gli altri. Quelli che “debbono” intervenire. Intanto noi, vittime e carnefici, ci guardiamo il Festival.