Il governo e la lotta alla mafia

C’è stato un momento in cui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto il pieno di applausi alla Camera e al Senato prima del voto di fiducia: quando ha parlato di lotta alla mafia. Un argomento che era stato messo ai margini nelle ultime campagne elettorali (sia per le Regionali che per le Politiche) e che adesso potrebbe tornare al centro dei riflettori. E’ vero che anche Matteo Renzi amava ripetere spesso che la notte non riusciva a prendere sonno perchè pensava alla latitanza di Messina Denaro. Ma il boss castelvetranese è ancora in circolazione, così come la criminalità organizzata continua, da Nord a Sud, a infiltrarsi nell’economia italiana.
Di lavoro da fare, dunque, ce n’è ancora tanto. E allora, se davvero vuole farsi ricordare questo governo, potrebbe davvero ripartire da questi applausi bipartisan – più o meno sinceri – e dedicare la legislatura appena iniziata a una nuova stagione di provvedimenti contro la mafia. Del resto, è noto che all’atto della sua genesi il Movimento 5 Stelle aveva fatto di questo tema una bandiera, mostrando vicinanza alle Agende Rosse di Salvatore Borsellino così come al magistrato Nino Di Matteo e al suo impegno sul fronte della Trattativa Stato-mafia. Senza dimenticare che i pentastellati hanno portato in Parlamento la testimone di giustizia Piera Aiello, eletta alla Camera dei Deputati proprio nel collegio elettorale Marsala – Trapani e che il Ministro della Giustizia, il mazarese Alfonso Bonafede, è nato e cresciuto a pochi chilometri di distanza dai terreni in cui Messina Denaro ha a lungo esercitato la propria autorità criminale.
Se solo l’Italia riuscisse a far rientrare nella legalità una parte consistente dei 150 miliardi di euro in cui è stimato il patrimonio della Mafia Spa (più di tutta la Borsa di Milano messa assieme) allora si potrebbero trovare risorse in abbondanza per combattere le diseguaglianze sociali, garantire servizi migliori ai cittadini, favorire l’inserimento lavorativo dei giovani e modernizzare infrastrutture e collegamenti. Va detto che i primi passi di Matteo Salvini da Ministro degli Interni (non una parola sulla mafia nella sua sortita siciliana di domenica scorsa) non lasciano pensare a una forte determinazione in questa direzione da parte dei leghisti, che del resto hanno sempre sottovalutato il peso delle infiltrazioni criminali nelle ricche regioni del Nord.
Tuttavia, oggi più che in passato, l’impressione è che le condizioni per prendere di petto la lotta alla criminalità organizzata ci siano tutte, ragionando su quello che serve per contrastare efficacemente gli interessi mafiosi. E’ proprio su questo campo che i pentastellati si giocheranno buona parte della propria credibilità agli occhi di un Sud che li ha votati non solo per la promessa del reddito di cittadinanza, ma anche con l’idea di bocciare una classe dirigente troppo spesso impastata di sospetti e eminenze grigie per scommettere su donne e uomini, magari inesperti, ma liberi da condizionamenti malavitosi.