Accadde Oggi: il 31 Ottobre 1892 venivano pubblicate “Le Avventure di Sherlock Holmes”

Ingaggiato dal re di Boemia per recuperare una foto compromettente per lo stesso monarca prossimo alle nozze, Holmes, aiutato dall’inseparabile Watson, riesce a rintracciare l’avventuriera Irene Adler che ricatta il re. Una donna astuta che il detective non dimenticherà più per tutta la sua vita.

È il primo dei dodici racconti inclusi ne Le avventure di Sherlock Holmes, che Conan Doyle pubblicò riprendendo le storie già apparse sulla rivista britannica Strand Magazine. Fu l’inizio della scalata al successo del personaggio che impose Doyle sulla scena letteraria, riscattandolo dalle delusioni per la mancata carriera di medico.

Da quest’ultima esperienza professionale, in particolare dagli insegnamenti universitari del dr Joseph Bell (che basava ogni diagnosi sulla minuziosa osservazione dei dettagli seguita dalla raccolta di prove inconfutabili), trasse ispirazione per la creazione dell’astuto e onnisciente detective londinese, che abita in un elegante appartamento al 221B di Baker Street.

Dimora che più avanti condividerà con il dr John Watson (una sorta di alter ego di Doyle), cui spetterà il compito di narrare le avventure del suo eccezionale coinquilino, che alle spiccate doti investigative unisce diverse abilità manuali: ottimo schermidore, alla pratica del pugilato a mani nude affianca quella del bartitsu, arte marziale giapponese derivata dal jujitsu. Nemico acerrimo è il professor Moriarty, definito dallo stesso il Napoleone del crimine.

La saga di Holmes ispirò a Doyle 4 romanzi e 56 racconti, alcuni dei quali scritti dopo un presunto ultimo episodio, in cui si alludeva alla sua presunta morte e che l’autore fu costretto a smentire, per le proteste dei lettori che reclamavano altre storie. Il debutto al cinema non tardò ad arrivare, con il primo film muto proiettato nel 1902.

Molti altri ne seguirono, insieme ad adattamenti teatrali che contribuirono a costruire un’immagine in parte falsata del personaggio originale: in nessun romanzo o racconto di Doyle si legge del noto intercalare «Elementare, Watson», né lo si descrive con il cappellino tipico del cacciatore o con la pipa ricurva (in realtà fuma indifferentemente pipa, sigarette e sigari).

A lui si rifaranno autori di celebri investigatori, tra cui Agatha Christie (per Hercule Poirot) e Umberto Eco (per Guglielmo da Baskerville).

Una curiosità: il numero civico 221B di Baker Street, inventato da Doyle (a quell’epoca la numerazione si fermava a 100), più tardi fu assegnato a un edificio in cui aveva sede una società immobiliare. Quest’ultima, approfittando del fatto che iniziavano ad arrivare lettere indirizzate ad Holmes, sfruttò la cosa per farsi pubblicità.
In seguito il numero civico fu assegnato, nonostante le proteste della società, al Museo di Sherlock Holmes (sito 13 numeri più avanti) dove tutt’oggi viene recapitata la posta dei fan.