La storia non troppo assurda di Horizon Zero Dawn | Recensione

Probabilmente il gioco che ha più stupito finora, nella corrente generazione. Horizon: Zero Dawn è una di quelle perle che va assolutamente giocata, complici trama, setting e personaggio.

Ambientato in futuro distopico in cui l’umanità si è riorganizzata in tribù in seguito all’estinzione dovuta al predominio delle Macchine, Horizon ci mette nei panni della giovane Aloy, un’emarginata dalla tribù Nora, il cui passato misterioso è al centro della narrazione. Dopo l’estinzione della precedente generazione umana, gli abitanti della terra sono tornati ad uno stato primitivo e hanno cominciato a lottare e cacciare le Macchine, mostri d’acciaio possenti e pericolosi. Il viaggio della cercatrice Aloy parte proprio così.

Partendo da una trama ben costruita e da un setting incredibile, il titolo si sviluppa come un gioco di ruolo a mondo aperto, in cui raccogliere materiali e strumenti per potenziare Aloy. La mappa è vastissima e ogni zona è ben strutturata, anche in base alla tribù che la abita. Si passa, per esempio, dalla giungla dei Carja fino ai ghiacciai Banuk dell’espansione The Frozen Wilds.

Il gameplay è stato scritto ottimamente: la modalità per cambiare le armi nel bel mezzo del combattimento è davvero fantastica e rende tutto incredibilmente immersivo, stessa cosa per l’utilizzo del Focus, fondamentale per l’esplorazione degli ambienti e la risoluzione di enigmi ambientali. In generale, il gioco lascia libertà d’approccio al giocatore, che è libero di scegliere come affrontare le battaglie, se in assalto o stealth.

Unica pecca forse sta nelle scelte dei dialoghi, che danno solo una parvenza di controllo quando invece, alla fine, si risolvono sempre nella maniera pensata dagli sviluppatori, quasi spicciola a volte. Carina l’idea dell’utilizzo delle doti dialogative per ottenere un risultato, potendo scegliere tra cuore, testa e pugno, ma anche qui nulla di aggiuntivo.

Cavalcare le macchine e lottare contro di loro, scoprire il mistero dietro alla fine del mondo e apprezzare i paesaggi prima e dopo la devastazione lasciano un segno indelebile in chi gioca questo titolo, rendendolo cosciente di cosa è veramente importante e di quanto l’uomo, alla fine, sia egli stesso la causa della sua fine.