Mafia: “omaggio” a Don Vito Corleone e alle coppole in un ristorante tedesco chiamato Falcone e Borsellino ed è bufera per il clichè siciliano

A Francoforte, città della Germania, hanno aperto un ristorante e hanno “usato” i nomi dei due famosi giudici siciliani, uccisi dalla mafia in due stragi diverse, nel 1992. Non contenti di questo, hanno arredato il locale con fori alle pareti come se ci fosse stata una sparatoria, hanno appeso alle pareti foto del film “Il Padrino” e sparpagliato qualche coppola qua e là tanto per restare in tema “siculo”. Nel ristorante campeggia anche, (ovviamente?) la foto dei due giudici palermitani scattata dal fotografo Tony Gentile e diventata il simbolo della “resistenza alla mafia” e della gratitudine nei confronti dei magistrati che hanno sacrificato la loro vita per amore della Giustizia e della Verità. La sorella del giudice Falcone, la professoressa Maria, ha fatto ricorso al tribunale denunciando la violazione della memoria dei due magistrati, ma la sua richiesta è stata respinta: “Una sentenza che ci addolora molto” anche perchè il tribunale tedesco ha dichiarato che il giudice Falcone ha operato principalmente in Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori. Non alla gente comune che frequenta la pizzeria”. Incredibile da credere ma il proprietario del locale, è un tedesco, tale Constantin Ulbrich non un siciliano emigrato in Germania.  Sulla vicenda è intervenuto anche il nostro ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ha già dato incarico “ai competenti uffici del Ministero di verificare le condizioni per promuovere le più idonee ed efficaci azioni giudiziarie, in Germania e in Italia, a tutela del prestigio dei giudici Falcone e Borsellino e, dunque, delle istituzioni italiane”. Bonafede ha annunciato che scriverà alla ministra della Giustizia tedesca, Christine Lambrecht: “Analogamente a quanto avviene in Italia, nemmeno lei può entrare nel merito delle decisioni dei giudici. Ma è giusto che io rappresenti alla ministra l’effetto culturalmente devastante di una sentenza di questo tipo”.

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