Ristoratori “Dal 6 aprile apriremo a pranzo e a cena”

Lo chef siciliano La Mantia, “Vivo alla giornata con l’angoscia di non sapere come andare avanti”

QDS – La sensazione è quella di una bomba che aspetta solo di esplodere.
I ristoratori italiani hanno indetto uno sciopero fiscale ed una ‘serrata al contrario’ a partire dal 6 Aprile, annunciando l’apertura dei locali sia a pranzo che a cena. Il Dl Sostegni ha messo una pezza in una voragine e la disperazione adesso si tocca con mano.

“Stiamo parlando – ha commentato il deputato di Forza Italia, Dario Bond che condivide la “disubbidienza” annunciata da operatori economici che ormai non ce la fanno più – di perdite pari a circa 11,5 miliardi, secondo Coldiretti, dopo un anno di aperture a singhiozzo che hanno messo in ginocchio l’intera filiera dei consumi fuori casa che vale un terzo della spesa alimentare degli italiani.

Numeri da brividi anche per la Sicilia e non solo per la ristorazione ma per tutto il tessuto economico: le chiusure di aprile scorso causate dal lockdown hanno riguardato il 44,2% delle unità locali, il 37,1% degli addetti e il 32% del fatturato sulle attività economiche rilevate (dato nazionale 43,6%).

Il dato è contenuto nel documento che analizza “Andamenti e proiezioni su economia e mercato del lavoro in Sicilia” dopo la pandemia relativo al mese di marzo e redatto dal centro studi della Cgil guidato da Cesare Damiano e Maria Giovannone presentato ieri mattina.

Per quanto riguarda lo smart working, poi, “sono emerse differenze significative tra Nord e Sud – rileva lo studio – nella capacità di convertire il lavoro dei servizi pubblici in lavoro agile: la quota di lavoratori in lavoro agile nella pubblica amministrazione, nel Mezzogiorno, è stata inferiore a quella del Centro e a quella del Nord di oltre 10 punti percentuali”. Nel settore privato la differenza è stata inferiore con la creazione di un disavanzo di genere. Le donne, infatti, hanno superato di tre punti percentuali gli uomini.

Tornando alla protesta del mondo della ristorazione, si registrano plauso e adesioni anche nella nostra Isola.
“Pieno sostegno e condivisione della scelta dei ristoratori che protestano e apriranno ad oltranza. Io ho chiuso il ristorante, ma se fossi stato aperto, non posso nemmeno pensare cosa avrebbe significato pagare i debiti, gli affitti, avere l’angoscia di non sapere come andare avanti. Quindi sono accanto a tutti loro. Lo dico ad alta voce”. Con queste parole il cuoco e oste siciliano Filippo La Mantia commenta la protesta di 1200 ristoranti promossa dal Mio Italia, il Movimento Imprese Italia.

“Condivido la loro scelta, perché mi metto nei panni dei miei colleghi amici, imprenditori, bar, osterie, e mi rendo conto che questa cosa è stata gestita malissimo – incalza La Mantia -. Credo che ormai il governo abbia talmente somatizzato queste misure, che le adozioni ad oltranza sono considerate normali. Io sono per l’osservanza della legge, ma qui non ci si rende conto che dietro ci sono crisi, fallimenti, chiusure, disperazione. Ci sono una serie di attività che non ha subito nessun calo: supermercati, chi li rifornisce. Mentre i ristoranti e i bar sono stati tagliati completamente fuori senza pietà”.

“L’ho sempre detto: bisognava fare una sorta di Nas per capire chi poteva restare aperto, e chi no”, dice lo chef, che spiega la sua situazione: “Io per ora sto vivendo questa storia indirettamente perché ho avuto la grande consapevolezza, forse pazzia, di chiudere il ristorante. Faccio il delivery per restare accanto ai clienti, per dare uno stipendio ai quattro ragazzi che lavorano con me. Sto lavorando, ma economicamente parlando, alla mia persona non entra assolutamente niente. Vivo alla giornata, sperando che la situazione si risolva”, conclude.